Le ragazze e i ragazzi del Liceo Tito Livio di Martina Franca lanciano un forte messaggio di pace mettendo in scena una trasposizione del film di Nadine Labaki “E ora dove andiamo?”
di Matteo Gentile
E’ un progetto scolastico, portato avanti e diretto dalla professoressa Gioconda Raguso. Ma sul palco ci va tutto l’entusiasmo e la voglia di cambiare il mondo, quel sacro furore che pervade gli adolescenti che “vanno verso la pienezza”, così come l’etimologia del termine suggerisce. La serata del 5 aprile 2017 al Teatro Verdi di Martina Franca è aperta dal coro Ghospel dello stesso Liceo, diretto da Graziano Leserri: ragazze e ragazzi che si mettono in gioco e fanno salire subito il livello dell’adrenalina da palcoscenico. Il quarto muro del proscenio viene abbattuto prima ancora che venga mai innalzato, per il verificarsi di quella che lo stesso dirigente scolastico Giovangualberto Carducci definisce una “serata in famiglia” nella quale si vuole “fare comunità”. Un nutrito gruppo di giovani attrici e giovani attori mettono in scena uno spettacolo che utilizza a piene mani l’ironia per trasmettere un messaggio molto forte, proprio a poche ore dall’immane tragedia che ha coinvolto tanti, troppi bambini della Siria. Ma potrebbero essere bimbi di tutto il mondo, perché i bambini non hanno razza né religione né connotazione politica o culturale.
I bambini sono il mondo.
Lo spettacolo racconta di un paese immaginario dove tentano di convivere, tra problematiche quotidiane e interazioni religiose e sociali, una comunità musulmana e una cristiana. Ma la religione diventa quasi un pretesto, perché il messaggio è chiaramente individuato nella volontà da parte delle donne di costruire una società dove a comandare siano i sentimenti e i legami umani. Il tutto condito da alcuni balletti che sottolineano precisi momenti importanti dal punto di vista drammaturgico, veri e propri snodi della storia.
La morte del bambino in scena è un colpo di frusta alle coscienze. E’ il momento in cui le donne prendono coscienza che è loro compito prendere in mano la situazione e condurre la società verso una convivenza “mista”, senza barriere di alcun tipo, simboleggiata dallo scambiarsi d’abito e di tradizioni, con le musulmane che tolgono il velo e invocano la Madre di Cristo, mentre le cristiane indossano gli abiti della tradizione islamica.
Lo spettacolo si chiude con un intenso momento visivo e musicale, con la proiezione della marcia delle donne, realizzata nell’ottobre del 2014 nel deserto che si trova a nord del Mar Morto, richiamando il lungo cammino biblico degli ebrei nel deserto per passare dalla schiavitù egiziana alla libertà. Donne cristiane, musulmane ed ebree, che vestite di bianco e celeste cantano “la preghiera delle Madri”. Donne di tutte le religioni si ritrovano insieme a cantare, ognuna secondo la sua tradizione e cultura, ma unite dal desiderio di costruire insieme una convivenza possibile.
Il messaggio è forte, i volti a fine spettacolo sono raggianti perché, al di là di qualsiasi considerazione tecnica, ognuno dei soggetti coinvolti, sul palco e dietro le quinte, sa di aver parlato con il cuore al cuore del pubblico.
E ha fatto centro.
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