La Storia delle donne
di Matteo Gentile
Si apre con una forte scossa emotiva la stagione teatrale 2016/2017 del Teatro Verdi di Martina Franca in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese. Giovedì 12 gennaio sei attrici portano in scena le voci, i tormenti, la determinazione e la grande forza d’animo di altrettante donne che hanno vissuto la terribile pagina di storia italica dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, feroce rappresaglia dopo il tragico attentato di via Rasella del 23 marzo 1944. Il lavoro “Tante facce della memoria”, diretto da Francesca Comencini (la regista di Gomorra-La serie) è liberamente tratto dalle registrazioni raccolte da Alessandro Portelli. La drammaturgia è a cura di Mia Benedetta e della stessa Francesca Comencini. Il cast, tutto femminile, è composto da Mia Benedetta, Bianca Nappi, Carlotta Natoli, Lunetta Savino, Simonetta Solder, Chiara Tomarelli, i costumi di Paola Comencini.
Se, come dicono le stesse autrici, non si tratta di un vero e proprio testo teatrale, poiché non è stato scritto ma vissuto dalle sue protagoniste, la pièce inizialmente incuriosisce, ma poi le emozioni che trasmette seguono un crescendo di intensità fino a chiudersi con la voce graffiante di Gabriella Ferri e il brano “Sempre” che un po’ racchiude il senso dell’intero lavoro. “Tanto di tutto, tanto di niente, le parole di tanta gente” che restano impresse nella memoria “sempre”. Oltre all’indiscutibile valenza sociale e culturale dell’opera, colpisce il ritmo serrato impresso dalla mano della regista con monologhi che si intrecciano come voci nella sala d’attesa di una qualsiasi stazione dove passa il treno della memoria. Parole a tratti taglienti, a volte teneramente malinconiche, sempre rivolte all’obiettivo. Che è quello di tirar fuori, come in un’operazione maieutica, la grande forza di quelle donne che, a volte consapevolmente, a volte loro malgrado, ma sempre con grande slancio e coraggio, hanno di fatto scritto la Storia con la “esse” maiuscola. Sei sedie diverse tra loro, sei piccole storie differenti ma tenute insieme da un’abile regia che intreccia il tutto come fosse un unico grande dialogo. Ognuno dei presenti, come sempre deve accadere quando il teatro è di qualità, può individuare momenti diversi che lo colpiscono nel profondo. Memorabile sicuramente l’episodio di un uomo, ebreo, che mentre viene condotto alla deportazione e alla morte certa, spinge con forza la sua bambina tra le braccia di una donna che assiste impotente alla terribile scena. Il tutto senza una parola, solo uno scambio di sguardi, e la considerazione che quella era la vera Italia, quella pronta ad aiutarsi e a essere solidale. Così come molto forte è la frase pronunciata dalla figlia di quell’uomo, morto in nome della libertà, rivolta a chi oggi si professa “fascista”: “io ti abbraccio, perché grazie alla morte di mio padre adesso tu hai la libertà di dire quello che pensi”. Un lungo applauso finale sottolinea l’apprezzamento del pubblico, dopo un’ora passata praticamente in apnea per non perdere neanche una battuta delle voci di quelle donne, elaborate e montate con grande capacità nello spettacolo e portate in scena con altrettanta abilità, professionalità e partecipazione personale dalle attrici coinvolte. Tanto da far sentire “anche tu così presente”.
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